Il terremoto dell’8 settembre 1905 a Zammarò
Zammarò frazione del Comune di San Gregorio agli inizi del novecento era un paese che viveva prettamente di agricoltura e pastorizia (ancora oggi ricordiamo i “massari”).
Sindaco era il notaio Citanna. Le strade ed i vicoli erano sterrate, i mezzi di locomozione non esistevano ma era fortunato chi con il carro trainato dai buoi poteva recarsi a Monteleone. Di corrente elettrica non si parlava ancora e la “lumera”
e le candele erano l’illuminazione artificiale.
La prima auto vista in questo paese è stata quella regale chiamata dagli anziani ancora la carrozza senza cavalli.
Zammarò è stato il paese con il più alto numero
di morti, 74, tra cui 26 bambini dai 10 mesi ai 13 anni.
I nomi di alcune delle delle vittime del terremoto
Abbondanza Teresa | | Farfaglia Giuseppe | | Piperno Fortunato |
Arango Angela | | Fiarè Caterina |
| Piperno Francesca |
Artusa Caterina | | Fiarè Maria Filippa |
| Polistena Angela Rosa |
Bonello Francesco | |
Fiarè Maria Grazia | | Restuccia Petronilla |
Bonello Maria Rosa |
| Fiarè Maria Rosa | | Spataro Concetta |
Bongiovanni Marianna |
| Fiarè Saverio | | Spataro Rosa |
Carrà Caterina (1864) | | Gasparro Maria | | Suriano Maddalena |
Carrà Caterina (1897) | | Giamborino Annunziata | | Todarello Rosa |
Carrà Domenica | | Giamborino Caterina |
| Valia Domenico |
Carrà Giuseppe | | Giamborino Gaetano
| | Valia Fortunato |
Carrà Gregoria | | Gullì Rosaria | | Valia Francesca |
Carrà Gregorio |
| Lo Mastro Caterina | | Valia Francesco Saverio |
Carrà Pasqualina
| | Lo Schiavo Antonino | | Vavalà Rosaria |
Consoli Filippo | | Lo Schiavo Michele | | Virdò Domenico
|
Consoli Michele | | Lo Schiavo Rocco | |
Virdò Silvestro (1849) |
Del Duce Maria Grazia | | Mammola Caterina |
| Virdò Silvestro (1894) |
Destito Maria Grazia | | Mignolo
Anna | | |
Di Vito Gregorio | |
Milidoni Mariantonia | | |
Dominello Gregoria | | Minore Caterina | | |
Farfaglia Domenico |
| Minore Maria Giuseppa | | |
LA TRIBUNA (12 settembre 1905)
Tra
i paesi più colpiti dal terremoto dell’8 settembre, risulta Zammarò piccolo centro agricolo del Comune di San Gregario d’Ippona ubicato a pochi chilometri da Monteleone (Vibo Valentia). Le vittime furono 73, mentre
i feriti 270; un bilancio disastroso pensando che Zammarò contava solo 400 abitanti.
Anche in questa località nessuna casa rimase in piedi. L’alba dell’8 settembre per i sopravvissuti fu davvero tragica. L’intero
paese era ridotto ad un immenso cumulo di macerie - neanche un muro rimase intatto- era tutto un raccapricciante aggrovigliamento di terrame e di legnami.
mezzo alle rovine i superstiti scavavano alla ricerca dei loro
cari rimasti sepolti e delle cose perdute per loro ancora utili.
Un contadino, testimone diretto della catastrofe raccontava: "Sentii un enorme boato provenire da sotto terra poi tutto mi crollò addosso come se si trattasse di una tempesta;
riuscì ad uscire fuori della casa ma una folta nube di polvere mi impedì di capire quello che stava succedendomi intorno. Qualche minuto dopo la scossa seguì una breve pausa di terrificante silenzio che fu subito spezzato dalle grida,
dai gemiti e dai lamenti che provenivano da sotto le macerie, ma la fitta polvere ci impedì di vedere e di agire immediatamente. Per fortuna gli uomini più giovani, si trovavano in campagna, fuori dal paese per accudire ai raccolti".
Sentito il terremoto questi giovani raggiunsero il paese e senza indugiare si misero a scavare tra le rovine, al buio, senza lanterne, senza fiaccole, scavando a mani nude: alle prime luci del sole centinaia di persone gravemente
ferite furono portati in salvo.
Ma altrettanto doloroso e orribile fu il recupero dei cadaveri resi quasi irriconoscibili dalle profonde ferite e dalla terra che li copriva.
Il contadino sopravvissuto, alle domande dei giornalisti risponde con
molta lucidità e con tanta emozione: "Dopo i feriti, incominciammo ad estrarre i morti; la scena era orribile. Disseppellimmo due povere madri che con le braccia stringevano ancora al proprio petto i loro bambini soffocati. I feriti li portammo
in campagna nei pagliai; l’ospedale di Monteleone era mezzo rovinato. I morti li mettemmo tutti in fila sulla strada principale del paese, prima di portarli al cimitero: alcuni stentammo a riconoscerli”. Dalla testimonianza di un parente di
una delle vittime abbiamo appreso che i poveri resti delle vittime caricati su carri trainati da buoi furono seppelliti in una fossa comune, all’interno del Cimitero di San Gregorio.
Un’altra importante testimonianza ci proviene dal parroco
del tempo don Monterosso, il quale raccontava: "Sentì il letto capovolgersi; cercai di raggiungere la porta e poi ad aprirla senza riuscirci perché sbarrata da enormi rottami: in quel momento la parete dalla parte
dell’orto
si spaccò e cadde. Uscii da quella parte e mi precipitai nell’altra parte della casa dove dormivano quattro miei nipoti. Trovai il pavimento sprofondato e tre nipoti erano illese nel letto rimasto sospeso alla parete, l’altra era precipitata
giù col pavimento rimanendo mezza sepolta. Solo dopo molti sforzi riuscimmo a salvarla proteggendola con tavole contro i continui movimenti dei rottami. Un’ altra donna venne scaraventata fuori dalla sua casa mentre questa andava in rovina, la
poveretta si spezzò le gambe e rimase sulla strada tutta la notte senza rendersi conto dì quello che era successo ". I feriti, dunque, vennero curati alla meglio dai pochi volontari che per primi arrivarono sul posto.
L’Onorevole Ferraris a Zammarò .(La tribuna del 12 settembre 1905)
Qui le rovine sono ancora più orribili. In questo paesello non si dovranno fare demolizioni di mura pericolanti,
poiché tutto è demolito. Su settecento abitanti, 200 sono emigrati, 75 morti e 150 feriti dal terremoto. La chiesa è crollata, ma le immagini e le statue sacre sono intatte. I superstiti malgrado il panico le trasportarono al calvario
per adorare il prodigio.
Il capitano medico Gualdi coadiuvato dai tenenti medici, Capialbi, Colloca e Conciatore e dal furiere Tocchini compì qui atti di insigne valore, estraendo i cadaveri, curando i feriti, incoraggiando o soccorrendo i superstiti.
Vi si raccontano vari episodi. Alcune donne, estratte vive, tenevano ancora stretti al petto i loro bimbi già morti. “Sembrava, mi diceva il capitano Gualdi una fantasia abissina cui assistetti tante volte”. Un bambino fu estratto vivo mentre
i genitori erano rimasti schiacciati. E trovato subito un mazzo di carte si mise, inconscio e ridendo, a giocare.
Anche qui il ministro lascia al sindaco duecento lire e da personalmente soccorso ad alcuni dei più bisognosi.
Stando l’ora
tarda, che gli impediva di continuare la sua visita, il Ministro riparte per Monteleone, seguito per qualche tratto da un mesto corteo di feriti che si trascinavano silenziosi.
Il Re (La
rivista Vibonese del 15 settembre 1905)
A San Gregorio e Zammarò il Re visitò i feriti e si avvicinò ai superstiti chiedendo e ascoltando particolari del disastro interessandosi del numero degli abitanti di quello
dei morti e dei feriti. Scorgendo una bambina di due anni ferita alle gambe la accarezzò e chiese ai medici se ella guarirebbe perfettamente, ma la risposta fu negativa.
Dopo aver visitato le rovine di Monteleone, reduce da Sant’Onofrio
e Stefanaconi, il Re si è recato in automobile prima a San Gregorio e poi a Zammarò, dove lo avevano preceduto il Sindaco Notar Nunzio Citanna ed il primo Assessore Cavaliere Antonio dei Marchesi Francica, per riceverlo.
Benché
già informato della completa distruzione di quel villaggio, pure nell’entrarvi si mostrò assai colpito alla vista di quell’ammasso di macerie, di travi ed imposte cadute e fantasticamente sparse per il paese o penzolanti dai muri.
Volle essere accompagnato in tutti i luoghi ove più orrende erano le tracce dell’immane disastro, e chiedeva informazioni al Cav. Francica su tutti i particolari più notevoli, mostrandosene fortemente contristato.
Il Dottor Giuseppe
Prestia, che dal giorno della catastrofe fa prodigi di abnegazione nella cura dei feriti, di ben tre paesi, costituenti il Comune di San Gregorio, stava medicando, insieme col tenente medico Sig. Conciatore, alcune donne, fra cui una bambina che ha una gamba
fratturata, ed il Re volle assistervi e manifestò grande compassione per la detta bambina, consigliando che venisse trasportata all’Ospedale di Monteleone per farla stare con maggiore agio.
Disse parole di conforto ai presenti, esortando
gli stanti ad essere operosi ed a confidare nell’aiuto del Governo e di tutto il mondo civile.
Nell’accomiatarsi, visibilmente commosso, strinse fortemente la mano al Sindaco ed al Cav. Francica.
Per concludere anche se le proteste
sono state moltissime per i mancati ed immediati soccorsi e per la lentezza della ricostruzione e del ritardo dei ricoveri nelle baracche, Zammarò in parte è stato ricostruito con fondi statali presso il quartiere che porta il nome della Regina
Elena.
Rimangono a ricordo dell’avvenimento il Calvario che è rimasto illeso e ancora si conserva in attesa di interventi ed una baracca in legno in via Sorbilli vicino la scuola elementare che dopo 100 anni dalla costruzione viene ancora
utilizzata. ( scritto da Pasquale Farfaglia nel 2005).